Negli anni d’oro della Baia d’Argento, noi eravamo soliti prenotare un paio di ore di equitazione, settimanalmente, al maneggio D’Angelo. Il maneggio si trovava sulla strada del tennis, con il quale confinava. Di fronte al maneggio9 in quegli anni (parliamo della fine anni ’60, c’era una costruzione di un fortino che era servita per girare un film western.
Ricordo che un giorno mia mamma ci prenotò con altri bambini una passeggiata a cavallo dalle 6.30 del mattino alle 10.00. La cosa importante per i bambini paurosi, come ero io, era quella di evitare un cavallo, che aveva un grosso porro sulla natica sinistra, di nome Tobruk. Quel cavallo era molto nervoso e scattava spesso lanciandosi al galoppo. Il cavallo migliore da scegliere era Gigetto, una sorta di mezzo pony che rispondeva all’istante alla voce dello stalliere che ci accompagnava. Di solito Tobruk veniva assegnato a mia sorella Bianca che rispetto a noi sapeva montare a cavallo ed amava lanciarsi al galoppo. Quella mattina, ahimè, la sorte volle che mi venisse assegnato Tobruk. Il percorso deciso da D’Angelo era un itinerario di tutto rispetto.
Si partiva dal maneggio, si cavalcava per i campi che dovevano diventare un campo da golf (alle spalle del maneggio e che costeggiavano Viale delle Querce verso l’ingresso sud della Baia), si passava dietro la villa dell’Ing. Maurelli e poi sempre per strade sterrate, costeggiando l’istituto fisoterapico ci si dirigeva verso la spiaggia delle dune accedendo da Saporetti sulla battigia per poi galoppare sul bagnasciuga fino a Villa Volpi di Misurata (detta il Mausoleo o l’Acropoli).
Noi quattro Alberti eravamo abbastanza abituati a quella magnifica gita che prevedeva anche uno spuntino prima del ritorno da consumare sulla spiaggia. Quella mattina però Tobruk era particolarmente nervoso. Non stava in fila, spesso si lanciava al trotto senza motivo…litigava con qualsiasi tipo di animale, tafani compresi, che si presentavano sulla sua strada. Appena giunti sul sentiero che portava all’istituto fisioterapico, Tobruk, infastidito da non so cosa si lanciò al galoppo in un viottolino pieno di alberi (ero costretto ad abbassare la testa per evitare di sbattere contro i rami) finchè si bloccò di botto disarcionandomi e facendomi cadere sulla sabbia. Io fortunatamente non mi feci nulla, ma per evitare di salire su Tobruk simulai una situazione di grande dolore appropriandomi nuovamente di Gigetto, su cui fino ad allora era montato da Fabiano e costringendo tutto il gruppo ad uno scambio di cavalli complicato e piuttosto lungo.
Quella fu l’ultima volta che montai a cavallo fino a quando in Argentina dovetti, per far bella figura con una ragazza, salire in sella nuovamente.