Un paio di giorni fa ho letto su FB un post del mio amico Adriano De Matteis che mi ha aperto un mondo:

Ho subito scritto un messaggio ad Elena Travaini eccitato dalla iniziativa. Elena mi ha risposto illustrandomi l’iniziativa. Da lì abbiamo cominciato a messaggiarci su WhatsApp alternando vocali a testi. Fra i vari messaggi Elena mi racconta un po’ di lei indirizzandomi al suo blog:
Puoi leggere sul mio sito chi sono e i diversi progetti di cui mi occupo:
tra cui:
- mottopodcast
- Blindly dancing
- Judo al buio e bodypainting I tre progetti esperienziali ovviamente sono abbinati ad un percorso formativo.
Nel frattempo lei mi manda vocali a cui io rispondo con messaggi scritti…mi viene un dubbio, forse quella voce ferma e decisa da ragazza “tosta” appartiene ad una persona ipovedente o non vedente…un brivido scorre lungo la mia schiena! digito www.elenatravaini.com ed il brivido diventa realtà. Leggo:
Elena Travaini classe 1986 nasce a Sondrio. La sua vita viene immediatamente messa a dura prova a causa di un raro tumore alla retina che la costringe a trascorrere i primi tre anni della sua vita ricoverata in un centro specializzato olandese dove sarà sottoposta a diversi interventi chirurgici nonché a radioterapia, chemioterapia e laserterapia. Le molteplici terapie a cui viene sottoposta le salvano la vista e gli occhi. La vista si riduce ad un solo decimo dall’occhio destro e al buio da quello sinistro ma non fu la disabilità in sé a condizionare il percorso di Elena bensì la grave malformazione agli occhi causata dalla radioterapia che non ha permesso alla cartilagine del cranio di svilupparsi correttamente. A soli cinque anni si avvicina all’arte della danza e con il passare del tempo ne comprende il grande valore. Nell’età adolescenziale infatti è proprio puntando sul suo talento artistico che riesce a sopportare il peso delle critiche, del bullismo, degli sguardi curiosi, ma più spesso cattivi, dei coetanei ed ancora peggio degli adulti. Continua a studiare fino a quando si diploma come maestra di ballo di coppia presso l’Associazione Nazionale Maestri di Ballo; partecipa a diverse competizioni sportive, prima come amatore e poi da professionista. Proprio nel periodo degli allenamenti Elena cade in un profondo sconforto, non riesce ad eseguire alcune parti delle coreografie di gara, cose che per gli altri sembravano essere semplici a lei parevano impossibili e così la danza, quell’arte che per tutta la vita era stata la sua ancora di salvezza, il suo modo per gridare al mondo “guardatemi per un talento e non perché sono diversa”, si stava trasformando in un mondo di lacrime e delusioni. Si dice che dalle grandi delusioni nascano grandi sogni e si raggiungano incredibili traguardi. Decide quindi di dar vita ad un progetto in cui si balla bendati e si accorge che aiutare gli altri a danzare nel buio li aiuta a svolgere passi e coreografie che fino a poco prima sembravano impossibili: cambia il modo di sentire, quello di comunicare, la concezione dello spazio e del tempo. Si diventa così un unico corpo che si muove e crea intorno a se una sorta di magia. Il suo esperimento prende il nome di Blindly Dancing e si trasforma in un vero e proprio progetto di sperimentazione del buio attraverso la danza, il gioco, i percorsi sensoriali e la testimonianza della vita di Elena.
Sono un coglione! Grande lezioni di vita da parte di Elena che magicamente mi trasporta in un mondo a me poco conosciuto.
Aderisco alla iniziativa e da subito mi rendo conto che il gruppo Whatsapp a cui ho appena aderito è fatto da persone che hanno tanto da insegnarmi.
Mi viene in mente quello che mi diceva mio padre riguardo alle disabilità: “non ti lamentare mai di quello che ti succede perchè al mondo ci sono persone meno fortunate di te che vivono intensamente la loro vita trasformando i loro problemi in grosse opportunità”.
Il mondo di coloro privi di vista mi avvolge in un attimo, mi rapisce; mi fa capire che bisogna usare la voce come se fosse uno strumento di comunicazione “non verbale”.
La nostra voce è i loro occhi e quindi usiamola ad arte.
Non basta. Rapidamente mi vengono in mente i SUV parcheggiati sugli scivoli dei disabili o sulle strisce, i mezzi di sharing parcheggiati sui marciapiedi assieme a scooter …Subito capisco il grande disagio di chi non vede ed il fatto che tanti “coglioni” rendono quella strada che chi non vede ha dovuto faticosamente imparare a memoria per poter essere autonomo un percorso ad ostacoli messi ad arte di deficienti e maleducati.
Viva Blind News progetto a cui io ho appena aderito e che spero di portare avanti con impegno.
Grazie a tutti quelli che si impegnano per aiutare chi ,con grande dignità e grande forza, più sfortunato di noi, affronta la vita.
Grazie Adriano, Elena e grazie Roberto.
Per chi volesse ascoltare questo articolo (ho voluto registrarlo per i miei amici di Blind News) può cliccare qui sotto ed ascoltare la lettura dell’articolo.